martedì 8 marzo 2011

PATRIA: una parola caduta in disuso

di Ivano Zordan
Pensiero e sentimenti sono affidati alle parole e le parole acquistano peso e significati una volta pronunciate. Ho fatto caso ai termini che vengono usati quando si parla delle celebrazioni per i 150 anni dalla proclamazione dell’Unità d’Italia: raramente, quasi mai, si sente la parola Patria. All’Unità si è giunti con il concorso di tante componenti ideologiche, ma l’ideale che ha sostenuto e guidato le scelte politiche, le insurrezioni, i moti, le guerre di indipendenza era quello di Patria. E patrioti chiamiamo chi ha combattuto e si è sacrificato per quell’ideale. E cos’è la Patria? Non è lo Stato, entità fredda garante dei diritti e della vita sociale, ma una fede che vive nell’interiorità, che si nutre di sentimento, una fede per la quale avvertiamo i vincoli che ci uniscono nell’”italianità” fatta di cultura, di tradizioni, di aspirazioni comuni, di solidarietà, di fratellanza.

“Una d’arme, di lingua, d’altare,

Di memorie, di sangue e di cor.”

Così definiva la Patria Alessandro Manzoni nell’ode “Marzo 1821”.

Nella crisi di valori morali che il nostro tempo conosce, è scomparso anche il valore di Patria che dovrebbe dare senso a tutto il nostro vivere civile. E’ un valore che capovolge il diffuso atteggiamento egoistico nei riguardi delle Istituzioni. Giuseppe Mazzini scriveva: “Alla Patria si dona, non si chiede”.

Quanto siamo lontani da questo sentire! Quanto sono assurde le polemiche che hanno sminuito il significato della festa dell’Unità d’Italia!

Onoriamo, almeno, il sacrificio di tanti giovani eroi e martiri che hanno dato la vita per la Patria, esponendo il Tricolore il 17 marzo.
Un gesto semplice, ma che ci riscatta dal generale avvilimento.



4 commenti:

Anonimo ha detto...

W L'ITALIA e bastaaaaaaaa......

Anonimo ha detto...

Ho distribuito quasi tutte le copie di mia competenza.
Ciao Franco

Anonimo ha detto...

Carissimo prof, anch'io come te e come molti altri, soffro nel constatare quanti e quali valori si siano ormai perduti in questa nostra decadente civiltà. Quando si parla di Patria il sentimento che questo sostantivo evoca è lo stesso di quando si parla di Famiglia. Ciò che da ormai parecchi anni si va sempre più consolidando è un diffidente individualismo, uno scetticismo diffuso nei confronti dell'altro. Ma da cosa prende origine tutto ciò? Io sono convinto che nulla capita per caso, non nei comportamenti umani almeno! Vi è sempre una componente di causa-effetto. Se manca una forma corale e culturale di socialità domandiamoci il perchè. L'amor patrio si perde, purtroppo, non solo a causa di "diffuso atteggiamento egoistico nei riguardi delle istituzioni" ma da una vera e propria "necessità", a volte, di difendersi da esse. Una certa corrente politica, in anni non così lontani non ha fatto nulla per incoraggiare il patriottismo, anzi...(qualche anno fa mi sentii dare del fascista da un esponente della CGIL perchè mi sorpresi goliardicamente ad intonare l'inno!!). Diffidenza e sfiducia, in una parola: insicurezza. Non siamo patrioti perchè non siamo, prima di tutto, cresciuti come individui. E guardo con amarezza ed una punta di sana invidia, paesi come gli USA, la Germania, o la Francia che del loro patriottismo hanno saputo farne un emblema. In cuor mio, non ancora un palpito, ma un leggero dolore m'induce a credere, che forse, se lo voglio, qualcosa cambierà... domani.
Loris

G.Franco Girardi ha detto...

Vivendo tanti anni all'estero mi sono sentito sempre profondamente italiano ed ho difeso la mia Patria anche quando le critiche che venivano fatte all'Italia erano più che giustificate. Questo era per me il vero "amor di Patria". Non ho mai pensato di stabilirmi definitivamente all'estero, nè ho mai pensato di acquisire un'altra nazionalità, come hanno fatto tanti italiani che sanno solo parlar male dell'Italia, anche se le condizioni sarebbero state migliori di quelle che ho trovato ritornando in Italia. Oggi si sente parlare di una legge per incentivare (anche finanziariamente) il ritorno in Italia dei cervelli espatriati. Ma non bastano quattro soldi per far ritornare uno che all'estero, sopratutto nei paesi anglosassoni ed in Nord America, non solo è ben pagato, ma, soprattutto viene stimato per il suo impegno nell'innovazione scientifica e nel modo di pensare. Qui rischia di trovarsi invischiato in un ambiente molto diverso da quello che gli ha permesso di emergere solo grazie ai suoi meriti. Qui il nostro "cervello" rientrato dell'estero rischia di trovare la sua strada disseminata di paletti piantati da chi continua ad essere convinto che il solo modo di pensare e di agire sia ancora e solo quello antico, ambiguo ed ottuso che lo ha portato alla posizione di prestigio che occupa.
Ecco perchè molti giovani andati all'estero per studio o per una nuova esperienza, pur amando profondamente l'Italia e sentendone una immensa nostalgia, non vogliono ritornare in Patria.
Io, comunque, sono ritornato e, pur tra mille difficoltà, credo di aver contribuito ad "allevare" tanti giovani specialisti in informatica, presi direttamente dalla scuola, dando loro un avvenire sicuro.
Anche questo, secondo me, è "amor di Patria".